Daniel Buaron: “Importante Creare Investitori Italiani di Dimensione”

“Ringrazio Carlo Corazza e Paolo Crisafi per il premio e sono contento di avere un’occasione per poter fare un po’ il punto sulla situazione dell’immobiliare in Italia, in quanto il mondo immobiliare non ha mai goduto di moltissima stampa, e c’erano delle ragioni visti tutti i vari scandali che si sono succeduti nel tempo. Però, da alcuni anni, esiste un nuovo modo di fare immobiliare. Io diciamo che da questo punto di vista sono stato veramente un precursore perché nell’85 ho fatto la prima società di finanza immobiliare insieme al gruppo IMI, che era un gruppo pubblico, in cui veramente avevamo un approccio di tipo assolutamente finanziario all’immobiliare e abbiamo costretto i grandi operatori che lavoravano con noi a lavorare su business plan, cash flow, e così via, cose che oggi sono assolutamente normali ma che all’epoca sembravano cose esoteriche.

C’è stata un’evoluzione molto lenta, poi nel’97 di nuovo siamo stati abbastanza protagonisti con l’avvento di Goldman Sachs in Italia che ha veramente cambiato il passo dell’immobiliare italiano. Per la prima volta abbiamo avuto investimenti enormi, di centinaia di milioni, e addirittura quando abbiamo acquisito il mondo immobiliare dell’ENI, un investimento di 1 miliardo e mezzo, ricordo che avevamo requisito praticamente 50 stanze allo Sheraton di Roma, dove avevamo fatto venire tutti gli analisti e avevamo messo a punto tutti i sistemi informatici tutti quanti protetti per fare la due diligence, cosa che in Italia non si era assolutamente mai vista. Quindi a quel punto c’è stato davvero un punto di svolta nell’immobiliare italiano sia da un punto di vista professionale, sia da un punto di vista di dimensioni: le operazioni di investimenti precedenti a quel momento erano dell’ordine massimo di 50, 60 milioni, qui si parlava di miliardi.

Oggi dobbiamo fare un ulteriore passo in avanti, cioè l’Italia, per la sua economia, per la sua dimensione e per la sua popolazione, dovrebbe pesare intorno al 12% degli investimenti internazionali europei. Non ho recenti statistiche, ma insomma ad oggi peserà intorno al 5%. Quali sono le ragioni e cosa serve per cambiare questa situazione?

In primo luogo è necessario veramente che si creino degli investitori italiani di dimensioni, cioè non basta che ci siano solo gli investitori internazionali, bisogna che ci sia anche un mercato interno di investitori, cosa che si è cercata di fare anche con i fondi immobiliari, e bisogna trovare dei sistemi per attivare il risparmio privato. Se non c’è una base importante di investitori locali, ma importanti intendo dire dell’ordine di miliardi, non riusciamo a sviluppare anche un mercato internazionale. Cioè i fondi internazionali arrivano, investono, ma poi escono, e bisogna che il loro posto venga preso da investitori locali. Noi abbiamo le compagnie di assicurazioni che ormai investono pochissimo in Italia, i fondi pensione non ne parliamo, hanno più immobiliare di quanto dovrebbero avere; ci sono altri modi però per attingere al risparmio privato e per arrivare a creare dei grandi investitori locali.

In secondo luogo sarebbe importante migliorare il rapporto con le autorità locali per dare il via a dei progetti concreti, e direi che Milano in questo senso sta tracciando la via. Cioè l’EXPO, e i grandi progetti di City Life e Porta Nuova hanno veramente rilanciato la città in maniera impressionante. E da quel punto di vista, Milano è diventata un punto di approdo tra i preferiti dei grandi investitori internazionali. Adesso con il progetto Reinventing Cities, che mira a recuperare ampie zone della città con la creazione di residenze a basso costo sia in vendita che in locazione, sta di nuovo tracciando la via, e finalmente si vede quello che secondo me dovrebbe essere il vero futuro della bella parte dell’immobiliare, cioè la creazione da parte del pubblico di opportunità di investimento per il risparmio privato che devono creare delle ricadute importanti sulla qualità della vita dei cittadini, questo non vuol dire che nel frattempo chi fa questi investimenti non debba guadagnare, però deve essere un qualcosa che migliora la qualità della vita della città, e mi sembra onestamente che Milano lo stia facendo. Non ci resta quindi che aspettare con ansia che anche Roma si muova su questa direzione”.

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