S.E. Mons. Giuseppe Andrea Salvatore Baturi Segretario Generale CEI al think tank Remind “Insieme per la Pace nel Mondo – Giornata Internazionale della Pace”

E’ intervenuto al think tank Remind “Insieme per la Pace nel Mondo – Giornata Internazionale della Pace”in collaborazione con il Parlamento Europeo – Ufficio Italia e con l’Osservatorio per la Cura della Casa Comune  del 21 settembre 2022 S.E. Mons. Giuseppe Andrea Salvatore Baturi, Segretario Generale CEI, che ha così dichiarato:

“Un caro saluto a tutti, a Remind, al Parlamento Europeo – Ufficio Italia, all’Osservatorio per la Cura della Casa Comune e ai partecipanti di questa importante giornata di riflessione ‘Insieme per la Giornata Internazionale della Pace’.

Il programma pone assieme tante voci, tante competenze, tanti punti di vista per una giornata che già può essere considerata un momento di pace, un momento in cui più persone possono incontrarsi per un obiettivo comune.

A questo riguardo, dobbiamo anzitutto riprendere il valore della pace.
Diceva Giovanni Crisostomo:
«noi chiediamo la pace in ogni momento, niente infatti sta alla pari di essa, perché la pace è la madre di tutti i beni ed è proprio questo il fondamento della gioia».

Lo sappiamo anche nell’esperienza personale; non può esserci gioia e non può esserci davvero benessere se non in una situazione di pace, con se stessi, con le persone, e in particolare con i più prossimi, con Dio, con i fratelli e con il Creato.
Per questi motivi noi cristiani chiediamo la pace, sappiamo che la pace viene donata da Cristo, Principe della pace, risorto dalla morte per donarcela. Ma sappiamo anche che la pace è un dono affidato gli uomini e alla nostra responsabilità di trasformare questo dono in programmi, in incontri e in iniziative efficaci.

Di fronte poi alla guerra dobbiamo oggi chiederci quale sia la sua origine.
Proprio in questi giorni ho partecipato a Roma ad un incontro internazionale di vescovi.
Abbiamo ascoltato le tragiche storie dei popoli del Libano, dell’Iraq dell’Ucraina e della Siria, e ci siamo chiesti come sia possibile che l’uomo, che pure intravede nella pace il fondamento della gioia, instauri poi rapporti di guerra.

A questo riguardo, il Concilio Ecumenico Vaticano II vedeva la guerra come avente origine in uno squilibrio profondo del cuore umano.
L’uomo cerca infatti la gioia e la pace ma non riesce a instaurare rapporti di serenità e di amicizia con il suo prossimo, perché tende ad assolutizzare se stesso, le proprie visioni, i propri punti di vista, affidando a se stesso e ai propri interessi la realizzazione della gioia.
Tuttavia, assolutizzando egli il proprio Io, questo non può che scontrarsi con l’Io di chi gli sta accanto.
Lo squilibrio nel cuore dell’uomo si trasforma quindi in guerra, nella misura in cui il mio Io si scontra con quello degli altri, e i miei interessi, le mie visioni e i miei punti di vista non trovano integrazione nei punti di vista nell’Io degli altri ma trovano un conflitto, la possibilità di un’obiezione da eliminare.

Vi è allora in questo senso qualcosa che riguarda le stesse Nazioni, ma anche qualcosa di più profondo, che riguarda il cuore dell’uomo, le nostre famiglie e i nostri rapporti con gli altri.

In questo senso, uno dei compiti della Chiesa è quello di educare al senso religioso, al pari delle altre religioni, essendo il senso religioso un qualcosa che tende ad affermare un tutto che supera ciascuno di noi; solo Dio, infatti, è tutto, mentre l’altro è invece mio fratello.
In esso posso cercare una compensazione, una possibilità di convivenza, una possibilità di gioia comune.

Vorrei a questo punto citare la dichiarazione di Abu Dhabi firmata dal Santo Padre del grande Imam di Al-Azhar del 2019:
«La fede porta i credenti a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare; le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano mai sentimenti di odio, di ostilità, di estremismo né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione degli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e dell’interpretazione di gruppi di uomini di religione che hanno abusato dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portarli a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione, ma per realizzare fini politici ed economici, mondani e miopi».

La Chiesa non si stancherà mai quindi in questo senso di richiamare il valore della pace, che è fondato sul valore della vita e che è possibile realizzare attraverso il riconoscimento della comune appartenenza alla famiglia umana, fondamentale in una situazione così drammatica come quella che stiamo vivendo oggi, tanto in Ucraina quanto in tante altre parti del mondo. È infatti solo di qualche giorno fa la notizia dell’uccisione di una suora in Mozambico ad opera di fazioni in guerra.

Non ci stancheremo mai di pregare per la pace e di riceverla come dono, impegnandoci giorno e notte affinché essa sia un ambito possibile e una casa comune.

Da questo punto di vista, la Chiesa, nel magistero dei pontefici di questo secolo e di quello precedente, ha indicato alcuni pilastri della pace che vorrei brevemente richiamare.

Il primo è la verità.
La prima guerra è infatti la menzogna che utilizza il proprio punto di vista per distorcere la realtà.
A questo riguardo, il Papa diceva recentemente che abbiamo bisogno di una cura di realtà, di guardare in faccia la realtà, di chiamarla col suo proprio nome.
In questo senso, possiamo essere allora operatori di pace diventando anzitutto operatori della verità.

Il secondo pilastro della pace è poi la giustizia.
Non può infatti esserci pace se non vengono riconosciuti i diritti dei popoli alla libertà e all’accesso ai beni primari; non può quindi esserci pace senza giustizia.

Il terzo pilastro è invece l’amore. Amore che può portare anche al perdono di chi mi ha fatto del male, che può portare all’accoglienza e al sostegno reciproco.
In questo momento, per esempio, in Italia, noi ci prodighiamo per l’accoglienza delle persone che fuggono dalla guerra, ci impegniamo per accompagnare popoli e famiglie che sono alla ricerca di un futuro migliore.

Impegniamoci tutti allora per diventare operatori di pace, compassionevoli e misericordiosi verso i nostri fratelli, con l’augurio che anche attraverso i lavori di questa giornata sia possibile per noi elevare una voce alta a favore della pace, al fine di costruire pezzetti del mondo pacificati, nella verità, nella giustizia e nell’amore che diventa perdono e misericordia”.

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