Federica Di Piazza: “Flessibilità, linguaggio comune e attività tecnica di supporto, le linee guida su cui impostare la programmazione economica per la ripresa del Paese”

In occasione del Think Tank l’economista Federica Di Piazza si è soffermata sul tema della sicurezza degli investimenti e su quello che, a suo parere, dovrebbero essere le direttive lungo cui impostare la ripresa economia nel periodo post-pandemia.

Secondo la Di Piazza:

“La sfida della ripresa post – covid è una sfida che deve poter prendere in considerazione diverse istanze, sia quelle provenienti dai ministeri centrali sia quelle relative ai territori.

Nel complesso, secondo la mia visione, non è tanto o solo una questione di cabina di regia e di governance, ma è anche e soprattutto una questione di metodo. Voglio qui fare riferimento alla questione già dibattuta degli investimenti a lungo termine.

Nello specifico, la domanda che dobbiamo porci è: “in cosa consiste la sicurezza di un investimento?” Ebbene, nella mia opinione, questa è, in poche parole, la diminuzione di incertezza. Un’ incertezza che sappiamo derivare da molti fattori, già al centro del dibattito pubblico e delle professioni in epoca pre – pandemia, e che ora, grazie al “cigno nero”, sono diventati ancor più determinanti.

In particolare, un primo elemento su cui vorrei porre l’attenzione, riguarda le cosiddette “pratiche inutili”, questione rispetto alla quale Einaudi, al suo tempo, affermava che bisognava “conoscere per deliberare”. Oggi più che mai, questo aforisma è di grande attualità. Bisogna infatti saper valutare per poter prendere decisioni corrette.

Rispetto a ciò, credo che l’investitore privato oggi valuti continuamente, tanto nell’aspetto degli standard professionali tanto in quello della sostenibilità economica. Il soggetto pubblico, in questo senso, è forse meno incline a questo tipo di valutazione. Egli ritiene infatti che un’attività di valutazione non sia un elemento in più, ma quasi un sostituto allo step decisionale.

E questo, fatemelo dire, è un vero peccato. Quella attuale è infatti una sfida che si rivelerà cruciale per allocare risorse abbondanti, caratterizzate, come sappiamo, da condizionalità, ovvero, da garanzie di attuazione e di realizzazione, di messa in ciclo del progetto, senza le quali non si potranno avere quegli effetti volano fino adesso auspicati.

Un altro elemento che bisognerebbe prendere seriamente in considerazione ha a che fare con il cosiddetto “rischio amministrativo”, sentito dal privato ma sottovalutato dal pubblico, il quale dovrebbe invece governarlo. Come sottovalutato, in quest’ottica, è anche l’elemento temporale degli investimenti.

Nello specifico, in una situazione di partenariato pubblico – privato, il rischio amministrativo deve essere compresso, attraverso poche e semplici regole dotate di stabilità, al fine di creare garanzie di sostenibilità per le generazioni future.

Questo discorso vale poi, in particolar modo, per i processi di trasformazione del territorio.

Sappiamo tutti, infatti, come questi siano contraddistinti da tempi di progettazione, realizzazione e di vita molto lunghi, troppo lunghi. In questo senso, le regole possono e devono essere stabili per consentire il reale esplicarsi dell’impatto economico e per renderci attrattivi agli investitori internazionali, diffidenti nei confronti di regole incomprensibili ed eccessivamente complesse.

Flessibilità da una parte, linguaggio comune e attività tecnica di supporto dall’altra sono pertanto le linee guida su cui impostare la programmazione economica nel futuro post – covid, al fine di conferire sostanza, stabilità e fiducia al nostro Paese”.

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