Padre Graziano Sala: “Città, non luoghi in cui vivere in solitudine ma spazi in cui la persona possa realizzarsi appieno nella relazione”.

In data 24 Settembre si è svolto il Think Thank in cui è intervenuto Padre Graziano Sala che ha concluso i lavori della giornata ponendo un accento marcato sul coraggio che in questi ultimi tempi bisogna avere per assumere un’altra prospettiva in merito al tema fondamentale dell’abitare una città costruita a misura d’uomo, prospettiva che contempli una giusta restaurazione tanto dello spazio decisionale, nell’istituzione del municipio, ma anche di quello spirituale, nell’istituzione della Chiesa come luogo eminente della socialità.

“A volte siamo portati a pensare che basti una comprensione strutturale e architettonica per dare significato alle nostre città ritenendo che un’attenzione spirituale sia una questione che riguarda pochi e soprattutto da fare in spazi chiusi. Eppure la storia ci insegna che le civitas erano esattamente costruite su due poli precisi, distinti ma integrati: la chiesa e il municipio.

Nella stessa piazza c’era sempre la chiesa, il luogo dove l’uomo esprime la sua dimensione spirituale, e il municipio dove si vive la decisione della vita della civitas, della vita sociale.

La chiesa è il luogo dell’ecclesia e lo spazio dei convocati dove si accolgono insieme i credenti e dove si trovano per ascoltare una parola che dia luce al cammino. Siamo in un contesto in cui non possiamo dimenticare l’anniversario della morte del Cardinale Martini il quale ha voluto sulla sua tomba questa frase del Salmo “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino”. Dio non si sostituisce al nostro cammino, ma lo illumina. Dio non ci mette una strada lastricata di pietre preziose ma ci aiuta a vedere gli inciampi e a discernere. Chiesa e il luogo della condivisione sociale, il municipio.

La nostra società italiana è nata e cresciuta su questa polarità. Quando una delle due dimensione ha preteso di essere il tutto sono emersi gravi squilibri e conflitti. Una visione teocentrica che desidera e che vuole assorbire il potere da una parte diventa una falsificazione della realtà di chiesa e dall’altro una visione che non è rispettosa dell’uomo esprime diversi volti, diventa oppressione del popolo, diventa dittatura, un potere che vuole costruirsi e che si ottiene a tutti costi. Una spiritualità del quotidiano e dell’uomo può illuminare il costruirsi di una città e renderla capace di scelte coraggiose.

Allora ci si chiede: come tutto questo può essere sviluppato a partire dal tema che ci siamo posti? Credo che innanzitutto bisogna dire che la città non è abitata da individui ma da persone. Gli individui sono autoreferenziali, pensano a sé, tutto ciò che offre la città viene assorbito perché è importante per lui e per il suo interesse. Le persone invece, vivono e sono viste nella loro dimensione sociale e relazionale.

L’uomo e la donna, con il loro essere creati ad immagine e somiglianza di Dio, hanno un’insopprimibile sete di essere relazione, di amare ed essere amati, che fa di loro degli esseri ‘di’ e ‘in’ comunione. Se questa è una premessa importante, come costruire la città?

Abbiamo assistito, con il passare del tempo, a partire dagli anni 60 alla nascita di nuovi quartieri e nuove città totalmente spersonalizzate e spersonalizzanti, dove questa dimensione relazionale di persone non è stata rispettata. Sono nate periferie dove fra coinquilini non ci si conosce, dove è alta la tensione fra condomini, dove la dimensione relazionale viene lasciata alla scelta della persona e non sono stati pensati spazi per creare e far crescere una buona relazionalità. Anche le stesse strutture hanno incarnato un modo di pensare che ha isolato progressivamente le persone, i gruppi. Dove il pensiero non ha sostenuto il valore e il bisogno di relazionalità delle persone ma il profitto e in nome del profitto sono nati eco-mostri, irrispettosi della persona e dell’ambiente.

Nella Bibbia si dice che il signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse. Sappiamo della consapevolezza di essere amministratori del creato ci rende responsabili verso dio creatore. Ci dobbiamo chiedere: le nostre città sono rispettose del creato che ci è affidato? Un ultima citazione della Bibbia: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare perché nel giorno in cui tu ne mangerai certamente dovrai morire”. La proibizione di mangiare dei frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male sta nell’indicare che l’uomo, pur essendo colui al quale viene affidato il creato, d’altra parte, non può pensare di essere lui la misura di tutto. Per anni ci siamo arrogati il diritto di potere fare tutto quello che credevamo in nome del profitto, ma ci siamo resi conto invece che ci stiamo distruggendo. Alla persona come valore in sé abbiamo sostituito l’idolo dell’economia che se non pensata e sviluppata in funzione della persona diventa una macchina che distrugge e divora anche chi l’ha costruita.

E’ bastato un virus per farci capire che siamo insufficienti e che le nostre conquiste scientifiche sono poca cosa. Abbiamo scoperto che la nostra umanità è stata piegata. Come ripartire affinché l’uomo ritorni ad essere misura dell’abitare la città?

Papa Francesco ci ha ricordato che se non ci prendiamo cura l’uno dell’altro a partire dagli ultimo, da coloro che sono maggiormente colpiti, incluso il creato, non possiamo guarire il mondo. Questo l’ha detto in un’udienza del 12 Agosto di quest’anno.

La pandemia ci ha lasciato un segno, ce lo portiamo tutti i giorni, dobbiamo tutti portare la mascherina. Ebbene, i medici dicono che la mascherina che noi portiamo ha un compito altruista: non difende noi, ma gli altri. La città degli uomini deve quindi ripensarsi a partire da questa mascherina, prenderci cura l’uno dell’altro.

L’uomo diventa misura della città quando questa viene costruita e facilita il prendersi cura dell’altro. Per abitare una città che sia costruita a misura d’uomo penso sia importante ricordare alcuni principi che sono il patrimonio della cultura cristiano-sociale, che sono anche stati menzionati recentemente da Papa Francesco: principio della dignità della persona; il principio del bene comune; il principio dell’opzione preferenziale per i poveri; il principio della destinazione universale dei beni; il principio della solidarietà e della sussidiarietà; il principio della cura della nostra casa comune. Mi rendo conto che è un compito difficile ma so che la fantasia e il cuore non mancano a voi, amministratori. Come dice ancora Papa Francesco, questi principi aiutano i dirigenti e i responsabili della società a portare avanti la crescita e anche la guarigione del tessuto personale e sociale.

Termino dunque con una frasi di La Pira, Sindaco di Firenze dal 1961 al 65, che in occasione dell’inaugurazione del quartiere dell’isolotto, un quartiere di Firenze, disse ‘non case ma città’, non luoghi in cui vivere in solitudine ma spazi in cui la persona possa realizzarsi appieno nella relazione.”

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