Alessandro Galimberti (Giornalista) al Gran Tour Re Mind

Al Think Tank “Gran Tour Remind”, è intervenuto Alessandro Galimberti (Presidente Ordine dei Giornalisti Lombardia) che ha così dichiarato:

“Buongiorno a tutti, ringrazio Paolo per avermi dato l’opportunità questa volta di stare dall’altra parte e permettermi quindi di dare un’effettiva visione personale della città di Milano.

Come è stato detto in precedenza ovviamente sono d’accordo con la visione della città come polo attrattivo e decisamente molto accattivante, i milanesi sono orgogliosi di esserlo come è giusto che sia, ma un po’ per approccio professionale, l’esito di una narrazione progressiva in realtà ha subito una battuta di arresto, il grande espandersi di Milano.

Milano è un grande polmone culturale, e lo sta continuando a dimostrare, in un panorama nazionale che offre città molto più dotate, grazie a politiche mirate che hanno prodotto risultati. Milano si è dimostrata come grande attrattore di pubblico e incubatore di cultura. Ecco forse manca percezione reale di che tipo di città sia Milano oggi, non una realtà tronfia e auto rappresentativa, ma che offre possibilità e lavora sull’inclusione.

Ricollocamento di Milano dentro la sua storia, la Milano dei borghi e all’avanguardia nel 400. Ma desso dove vuole andare? Vuole continuare ad essere un cartellone di expo e di eventi culturali? Milano oggi è una città molto poco integrata, ha dei problemi urbanistici, sociali, ecc. ha bisogno do un ripensamento per rivedere le sue origini culturali e storiche ed uscire da questa rappresentazione scenica cucita addosso, ma che adesso non sarà più sufficiente, quella della Milano Da Bere, ma sono sicuro che questi ripensamenti potranno avere luogo senza dover rinunciare alla grande offerta culturale e turistica che proseguirà e ci auguriamo riprenderà in modo massiccio.

Se avessi la bacchetta magica la consumerei. Bisogna vedere se presentare anche quella Milano come modello integrato di vita, di gente che vive, lavora, ha le botteghe di quartiere, si muove poco, stiamo parlando di un modello di sviluppo popolare, cultura popolare figlia di modello storico, ci sono delle aree di grossa problematicità e ci sono aspetti di integrazione su cui lavorare, restituendo quella complessità, non esiste un racconto omogeno, e quindi non bisogna dimenticarla, ma preservarla e valorizzarla”.

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