Giorgio Palmucci: “Tra ‘Italian Hospitality’ e ‘Valore Paese Italia'”

 

“In questo momento, come presidente di Enit, sto portando avanti quella che è l’immagine dell’Italia turistica nel mondo, in realtà però sono più di trent’anni che lavoro nel settore del turismo in particolare nel settore alberghiero, per cui i temi legati a tale comparto, al mondo dell’alberghiero, al mondo delle ricettività e al mondo dell’immobiliare, sono tutti temi che ho sempre seguito e portato avanti con particolare attenzione.

Ho sempre pensato che la cosa importante fosse mostrare quelle che sono le potenzialità che ha il nostro Paese, non soltanto quindi valorizzando le destinazioni più conosciute, quelle più note e più richieste anche dagli investitori, ma anche tutte le altre: abbiamo un Paese talmente ricco, talmente vario, con un’offerta talmente ampia, che non possiamo permetterci di limitarci anche se molto spesso le realtà più piccole necessitano di riqualificazione e valorizzazione.

Già da qualche anno ho fatto partecipare l’Italia all’IHIF (International Hotel Investment Forum), un po’ il Mipim della parte alberghiera, che si svolge a Berlino poco prima della ETD, la Fiera quella più importante insieme a quella di Londra del turismo in Europa. In tale sede avevamo creato un marchio virtuale che avevamo chiamato ‘Italian Hospitality’, proprio per andare a raccontare agli investitori le potenzialità del nostro Paese, soprattutto poi mostrando di lavorare in sinergia con le ferrovie dello Stato, col Demanio, con la Difesa, con le associazioni di categoria anche per dimostrare che il pubblico e il privato possono lavorare agilmente insieme. Una grande preoccupazione che molto spesso hanno gli investitori stranieri infatti è proprio quella del difficile rapporto tra pubblico e privato che però bisogna cominciare un po’ a sfatare perché non è sempre vero.

Quello che è indiscutibilmente vero è che sicuramente noi abbiamo da un lato un patrimonio e un perimetro di alberghi in Italia che sappiamo tutti estremamente frammentato con quasi 34.000 alberghi, una presenza di catene alberghiere che è molto ridotta, massimo circa il 4,5% del totale degli alberghi, e allo stesso tempo abbiamo un parco alberghi che necessita sicuramente delle riqualificazioni e delle ristrutturazioni proprio per rispondere a quelle che sono le esigenze di un turismo, di un business travel, che è sempre più esigente. Ovviamente era molto più facile soddisfare quella che era una clientela monoculturale, quindi dell’epoca post seconda guerra mondiale, in cui ad andare in vacanza in Italia c’erano soltanto gli italiani e al massimo i tedeschi. È chiaro invece che per accogliere i turisti che vengono da ogni parte del mondo bisogna necessariamente da un lato adeguare le strutture e dall’altro risolvere il problema delle classificazioni alberghiere differenti nel nostro Paese, una per ogni regione, che non facilita la comprensione per il turista straniero e che rende ostico anche per l’investitore straniero investire nel nostro Paese.

Io sono convinto che il nostro Paese abbia grande potenzialità in parte perché non ha subito quell’eccesso che vale per esempio per le isole spagnole, dove c’è stato un eccessivo utilizzo del terreno, un eccesso di costruzioni; il fatto di avere una potenzialità da sviluppare deve essere colta in questo momento, e bisogna cogliere l’occasione per riflettere su quello che deve essere il prodotto turistico del futuro e quindi il lavoro che deve essere fatto per adeguare quella che è l’offerta alberghiera a quelle che sono non soltanto le esigenze dei turisti provenienti da ogni parte del mondo, ma anche a quelle che sono le necessarie misure per garantire la sicurezza. Anche col vaccino , con l’uscita da questa situazione tragica della pandemia, la sicurezza sarà indiscutibilmente uno degli elementi più importanti nella scelta di una vacanza, di una destinazione di vacanza, e quindi da questo punto di vista deve esserci una collaborazione, una comunione di intenti molto stretta tra pubblico e privato, tra il mondo dell’immobiliare e il mondo dell’alberghiero, al fine di poter essere in grado poi di accogliere quei flussi di turisti che riprenderanno in futuro, augurandoci di rivederli il più presto possibile.

Considero veramente importante la scoperta delle destinazioni meno conosciute, che io detesto quando vengono chiamate destinazioni minori, perché non sono minori per niente. Dobbiamo infatti pensare che abbiamo 55 siti Unesco in Italia, siamo i numeri uno al mondo insieme con la Cina, e abbiamo una città con ben 2 siti Unesco come la Cina: loro hanno Pechino, noi abbiamo Tivoli, con Villa Adriana e Villa D’Este. Vorrei inoltre sottolineare che il 60% dei 55 siti Unesco che sorge sul suolo nazionale, si trova in Comuni che hanno meno di 5000 abitanti. Per cui bisogna riuscire anche a portare i turisti a visitare questi luoghi e non con passaggi ‘mordi e fuggi’, ma una scoperta che deve essere poi legata al territorio, all’enogastronomia, che deve unire la cultura con la natura, che deve essere in grado di accogliere e di dare quell’esperienza che il turista sempre più ricerca nel rispetto della sostenibilità. All’interno del piano strategico del turismo compaiono le parole chiave di accessibilità, sostenibilità e innovazione, questi sono i tre pilastri del piano nazionale del turismo che sarà pure un piano nazionale che scadrà nel 2022, ma rimarranno sicuramente tra i pilastri del futuro perché la sostenibilità è proprio una richiesta, che non deve essere soltanto ambientale ma anche economica, sociale, requisito fondamentale per poter accogliere questi turisti.

Come Enit abbiamo lavorato moltissimo con il Ministero degli Esteri, con la Farnesina, lavoriamo con gli ambasciatori, e io trovo che quest’ ultimi siano stati straordinari anche per quanto riguarda la promozione del turismo del nostro Paese e nel ruolo che hanno ricoperto con gli investitori esteri come promotori del nostro Paese. È importante legare la promozione del turismo con quello che è il made in italy attraverso in primis la conoscenza del nostro territorio.

Insieme poi con il Ministero dei Beni Culturali, abbiamo firmato un paio di settimane fa, un progetto che abbiamo chiamato “Valore Paese Italia”, è stato fatto proprio insieme con il Demanio, con Difesa servizi, con l’Anci, con l’Anas, e con la fondazione Ferrovie dello Stato, proprio per la valorizzazione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici ma attraverso delle operazioni che siano di sistema. Fondamentalmente nel passato sono state portate avanti delle operazioni in tal senso, come ad esempio il discorso della valorizzazione dei fari, ma dal punto di vista dell’impatto abbastanza limitato adesso converrebbe non procedere più su una linea di operazioni singole spot, di valorizzazione di un singolo bene, ma identificare dei percorsi, dei circuiti, degli itinerari, legati alla cultura, legati alla natura, legati alle più varie forme di attrazione turistica che abbiamo nel nostro Paese e fare quindi in modo che questi beni che verranno valorizzati entrino comunque in reti che permettano quindi poi di promuovere, di commercializzare quanto verrà valorizzato, gli investimenti che verranno fatti, per rendere accessibili e utilizzabili questi beni per finalità ricettive ma non solo, in maniera tale che poi possano essere promossi all’estero.

Penso che questi incontri interdisciplinari e trasversali siano essenziali per avere una visione d’insieme e ritengo che siano importanti per guardare avanti e superare questa situazione così grave che stiamo vivendo, per affrontare e guardare con ottimismo al futuro”.

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